Marzo 29, 2021

La sala riunioni nell’era Post Covid

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La sala riunioni, tradizionalmente, è uno dei luoghi più importanti dell’ufficio di un’azienda. Si tratta di uno spazio multifunzionale che può essere utilizzato come luogo di aggregazione, come spazio in cui far fluire la creatività, come punto focale per avviare e costruire un dialogo… relazionicon i clienti, i fornitori, i dipendenti e gli azionisti e, naturalmente, per il processo decisionale strategico e la comunicazione dei valori aziendali.

Ma con l’epidemia di Covid-19, la stragrande maggioranza dei dipendenti è stata costretta a lavorare da casa, con innumerevoli sale riunioni rimaste desolatamente vuote per oltre 12 mesi. La pandemia ha portato a un drastico aumento dell’uso delle tecnologie di videoconferenza e a un tentativo di ridefinire l’uso dello spazio in ufficio. Ma la verità è che nessuno sa con certezza come saranno gli ambienti di lavoro nel periodo successivo alla pandemia.

Alcuni studi recenti come “Lavorare da casa: Too much of a good thing?” (di Kristian Bherens, Sergey Kichko e Jacques-François Thisse, pubblicato dal Centre for Political and Economic Research), rivelano che il telelavoro e il ridimensionamento degli uffici non sono una panacea. I ricercatori hanno studiato il modo in cui le diverse intensità di telelavoro influiscono sull’efficienza complessiva delle aziende, nonché il suo impatto sull’economia nel suo complesso. Concludono che il telelavoro è una benedizione ambigua: la relazione tra telelavoro e produttività o PIL ha una “forma a U rovesciata” e aumenta la disparità di reddito; un’eccessiva riduzione degli spazi di lavoro può essere dannosa per tutti e aggravare la disuguaglianza economica.

Se da un lato ci sono indubbiamente molti vantaggi del telelavoro, come la riduzione dei tempi e dei costi di pendolarismo e, soprattutto, la sicurezza di poter evitare il contatto diretto con le persone, dall’altro ci sono anche alcuni costi significativi difficili da quantificare, come il deterioramento della cosiddetta “economia di agglomerazione”, definita dal raggruppamento delle aziende e dai benefici e dai profitti che esse traggono da tale vicinanza, permettendo ai loro dipendenti di interagire sia in modo spontaneo che informale.

Il National Geographic riporta infatti che: “Così tante persone stanno avendo esperienze simili che questo fenomeno è diventato noto come “stanchezza da Zoom” (sebbene questa stanchezza si applichi anche a chi usa Google Hangouts, Skype, FaceTime o qualsiasi altra interfaccia di videochiamata)”. L’impennata senza precedenti del loro utilizzo in seguito alla pandemia ha dato il via a un esperimento sociale non ufficiale e ha dimostrato qualcosa che è sempre stato vero su scala umana: le interazioni virtuali possono essere difficili per il cervello”.

Gli esseri umani comunicano anche quando non parlano. Ad esempio, in una conversazione faccia a faccia, il cervello si concentra in parte sulle parole pronunciate, ma estrae il significato anche da decine di segnali non verbali, come ad esempio il fatto che una persona sia rivolta verso l’esterno o leggermente girata, che si agiti mentre parli o che inspiri velocemente poco prima di interromperti. (Questi segnali danno un quadro completo di ciò che viene trasmesso e della risposta che ci si aspetta dall’interlocutore. Gli esseri umani si sono evoluti come animali sociali, quindi per la maggior parte di noi cogliere questi segnali è naturale, richiede un minimo sforzo di analisi e, soprattutto, può gettare le basi per un’intimità emotiva.

Ma una normale videochiamata compromette queste abilità radicate e richiede una concentrazione costante e intensa sulle parole. Se possiamo vedere solo il viso e le spalle di una persona, la possibilità di vedere i gesti delle mani o altri linguaggi del corpo viene meno. Inoltre, se la qualità del video è scarsa, non c’è alcuna possibilità di dedurre qualcosa dalle minime espressioni facciali, il che si traduce in frustrazione e in un’esperienza bidimensionale.

Un altro problema è che gli schermi con più persone aumentano la stanchezza. La visione in galleria affatica la visione centrale del cervello e lo costringe a decodificare così tante persone allo stesso tempo che alla fine non si capisce nulla di significativo da nessuno, nemmeno dalla persona che parla.

Questo comporta dei problemi, come ad esempio il fatto che le videochiamate di gruppo diventano meno collaborative e più frammentate, con conversazioni in cui solo due persone parlano contemporaneamente mentre gli altri ascoltano (soprattutto per i partecipanti più timidi, che esprimerebbero le loro opinioni in una riunione faccia a faccia, ma che si limiterebbero a rimanere in silenzio nei video di gruppo). Poiché ogni partecipante utilizza un flusso audio ed è consapevole delle altre voci, è impossibile avere conversazioni simultanee. Se vedi solo un oratore alla volta, non puoi riconoscere il comportamento dei partecipanti non attivi, cosa che invece saresti in grado di vedere con la normale versione periferica.

Per alcune persone, l’attenzione prolungata crea una strana sensazione di essere esausti, di avere il cervello “confuso” e di non aver ottenuto nulla. Il cervello si sente sopraffatto da troppe informazioni e stimoli, mentre si concentra sulla ricerca di indizi non verbali che non possono essere trovati.

Ma in generale, le videochiamate hanno reso conversazioni possibile e si sviluppano in modi che sarebbero stati impossibili fino a pochi anni fa. Questi strumenti ci permettono di mantenere relazioni a distanza, di collegare in remoto le postazioni di lavoro e, nonostante la stanchezza mentale, di promuovere un senso di unità e vicinanza durante una pandemia. L’affaticamento da zoom potrebbe persino diminuire man mano che le persone imparano a districarsi tra i meandri delle videochiamate. Ma le riunioni faccia a faccia non scompariranno mai e, anzi, saranno più necessarie che mai. È chiaro che il mondo reale e quello online devono imparare a coesistere e gli spazi per conferenze e riunioni dovranno probabilmente adattarsi a questo modello di collaborazione ibrida.

Per riassumere: Le sale riunioni continueranno a essere il centro nevralgico di un’azienda, ma la differenza è che dovranno essere “abilitate alla tecnologia” per consentire ai team remoti di collaborare, con la flessibilità di ospitare un numero variabile di partecipanti, e tutto questo senza perdere di vista il fattore “wow”: sia l’esperienza video che quella audio devono essere molto migliori di prima, oltre a creare uno spazio che incute timore, con un design estetico unico e impeccabile.

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